E’ arrivato l’arrotino. Magari! Sarebbe bello poter sentire questa voce per le strade in questi giorni e quanto pagheremmo per poterlo far salire a casa, magari solo per un caffè. Invece è arrivato il cigno nero.
In un’intervista di qualche giorno fa, Nassim Nicolas Taleb, un esperto di opzioni finanziarie e autore del celebre libro “The Black Swan”, da cui è nata la famosa espressione del cigno nero come evento imprevisto che travolge tutto e tutti, cambiando la storia, ha dichiarato che questo evento non sarebbe un cigno nero, in quanto mancherebbe un elemento quale l’imprevedibilità. In realtà la comunità scientifica da anni ipotizzava una possibile epidemia globale. Lascio ad altri e all’autore della definizione i discorsi filologici sulla corretta definizione di quello che stiamo vivendo. Ricordo solo che durante la crisi del 2008, quando S&P500 fece -50% dai suoi massimi, e che, definizione o meno, fu un disastro finanziario che si scaricò sull’economia reale, alcuni investitori, celebrati dal celebre film “The big short”, videro in anticipo la follia dei mutui subprime. Eppure nonostante tale prevedibilità, da parte di pochi, non ci scandalizziamo a definire il 2008 un cigno nero.
L’impensabile è dunque arrivato. Quanti ho sentito dire nei giorni passati “è solo un’influenza”, quanti capi di stato hanno continuato nel mondo a pensare che per loro fosse un problema marginale, nonostante le immagini che tutti vedevamo in Cina e poi, purtroppo, in Italia. Pensavo: ma sono dei folli! C’è chi ha negato il fenomeno per difesa inconscia, chi invece, molto razionalmente, ha fatto il solito discorso probabilistico: è talmente improbabile una cosa del genere che ovviamente non può succedere, senza però andare ad analizzare il fenomeno, i dati che, seppure inizialmente confusi, c’erano. Quanti consulenti hanno mandato il classico grafico ai clienti facendo vedere che il mercato nel lungo termine ha superato tutte le epidemie, senza cercare di analizzare che questa potesse essere “leggermente” diversa. Certo nel lungo termine le cose si sistemeranno. Ne sono convinto anch’io così come ricorda un grande investitore come Buffet. L’apocalisse può attendere (spero). Quindi una buona notizia per chi può aspettare. Aspettare quanto? E per chi non può o non vuole? La frase completa del celebre economista Keynes è la seguente: “The long run is a misleading guide to current affairs. In the long run we are all dead. Economists set themselves too easy, too useless a task if in tempestuous seasons they can only tell us that when the storm is past the ocean is flat again”. Mi focalizzo sull’ultima parte: a cosa serve sapere che dopo una tempesta il mare tornerà piatto (lo sanno tutti) se poi sei in mezzo alla tempesta e rischi di affondare oppure sei appena salpato e nessuno ti ha avvertito che poteva esserci cattivo tempo, magari una bella burrasca? Molti, compresi molti consulenti, diranno: era impossibile prevederlo. Ma come? Abbiamo appena detto che proprio l’inventore dell’espressione cigno nero ha ricordato come la scienza lo avesse ipotizzato. E’ ormai famoso il discorso di Bill Gates di solo qualche anno fa che ipotizzava i disastri sociali ed economici di un evento di tale portata. Certo potrebbero succedere tante altre cose spiacevoli nel mondo che per fortuna non accadono e questo ovviamente non ci fa smettere di vivere o di investire. E allora qual è la verità? La risposta è quella che io chiamo “la teoria del castello di carte”.
Tutti noi ricordiamo i bei tempi della nostra fanciullezza quando ci piaceva costruire dei castelli di carte, sempre più alti, sempre più sfidanti la gravità. Che orgoglio nel farli. Che dispiacere quando di colpo cadevano a terra. Del resto lo sapevamo, sapevamo che più fossero stati alti, tanto più sarebbero stati instabili. Bastava un soffio di vento dalla finestra, lo scherzo della sorellina che dava uno scossone al tavolo, un tremolio della mano, e tutto veniva giù. Da semplici bambini sapevamo che sarebbe accaduto, non sapevano cosa lo avrebbe provocato, ma sarebbe accaduto. La sua probabilità sarebbe stata tanto maggiore quanto più il castello fosse stato alto, perché la sua fragilità sarebbe stata maggiore. I bambini a volte possono essere più saggi di noi: non puoi prevedere quando e cosa farà cadere il castello ma puoi misurare quanto il castello sia alto e quindi quanto sia fragile! Personalmente ho provato a misurare l’altezza di questo castello di finanza, di buyback continui, di debito eccessivo, di algoritmi che dominano il mercato, proprio in un articolo del 1/2/2020 (che invito a leggere o rileggere), meno di 2 mesi fa anche se sembra quasi medioevo. E quanto era alto? Tra più alti che avessimo mai fatto, alto almeno come quelli del 2000 e del 2008.
Oggi sento le stesse persone o case di investimento che solo fino a qualche settimana, con valutazioni esagerate, parlavano di ottime prospettive per l’azionario e successivamente di correzione salutare, dare indicazioni di cali del PIL mondiale o dei vari paesi da far drizzare i capelli. Si parla di recessione, con il rischio di depressione. Non cito le stime su PIL (da piangere) ma faccio notare come la discesa dell‘ S&P500 è simile per entità e velocità a quelle del 1987 e del 1929. Il VIX, l’indice della volatilità che misura la “paura” degli operatori finanziari, ha superato la scorsa settimana il massimo raggiunto nel 2008. Solo poche ore fa il Fondo Monetario Internazionale da dichiarato che si aspetta una crisi almeno come quella del 2008.
Cosa c’è da fare adesso? In attesa che arrivi la soluzione medica (vaccino e cure farmacologiche), tenere il paziente mondo in vita, attraverso una politica fiscale da parte dei governi che diano denaro direttamente a imprese e cittadini e una politica monetaria delle banche centrali che comprino il debito degli stati e qualsiasi asset finanziario sia necessario ad evitare che si creino default a catena e quindi, che tutto il castello venga giù in un effetto domino. Nel nostro caro paese non si può neppure escludere un intervento modello Amato del 1992, con un prelievo forzoso sui conti correnti per supportare il debito del paese qualora ce ne fosse bisogno. Magari potrebbe accadere a crisi sanitaria terminata se il paese uscisse con un debito eccessivo e quindi, passata l’emergenza, la BCE ci chiedesse di camminare solo con le nostre gambe. A livello borsistico potremmo vedere dei recuperi sul mercato italiano legati al raggiungimento del picco delle curve epidemiche che pare si stia materializzando negli ultimi giorni. Tuttavia bisognerà fare i conti con quanto accade nel resto del mondo e su come, passata la fase più acuta della crisi, si possa gestire al meglio il lento recupero della normalità, impossibile senza che tutti gli altri paesi al mondo non risolvano lo stesso problema.
In attesa che le istituzioni nazionali e sovranazionali continuino ad adottare i provvedimenti più opportuni e creativi data l’eccezionalità della situazione, l’investitore attento e ben consigliato, pronto a salpare in attesa che splenda di nuovo il sole, ha preferito rimanere nel porto a guardare quelle barche o barchine avventurarsi imprudentemente al largo senza badare troppo ai nuvoloni lontani all’orizzonte.