S&P500: SALE O SCENDE? ANALISI STATISTICA SU UN SECOLO

In un precedente articolo avevamo individuato in area 2400-2300 un possibile target di ribasso da cui il mercato potesse ripartire.  Il mercato ha effettivamente fatto la peggiore chiusura settimanale a 2300 a metà marzo circa, toccando poi minimi infrasettimanali a circa 2200.

Ripartiamo dalle stesse considerazioni quindi per una nuova analisi.

Avevamo visto che movimenti settimanali così forti al ribasso (superiori al -6%), come quello di fine febbraio, portassero in media a un ulteriore -20% successivamente. Se tuttavia, dei 10 casi considerati, prendiamo quelli con il maggiore ribasso, cioè marzo 2001 (-33%) e aprile 2000 (-43%), sull’ipotesi che l’attuale crisi si avvicini più a quel modello, potenziali target sarebbero in area 2000 e 1700.

Al campione adesso aggiungiamo anche l’ultima barra settimanale tra il 16 e il 23 marzo, da cui possiamo rifare il medesimo conteggio. Ricordiamo che tutte le barre prese in esame presentavano un rimbalzo prima dell’ulteriore discesa, con un massimo del 22%. Considerando che il rally fino ad aprile è di circa il 25%, si può prendere in considerazione proprio quanto accaduto nell’unica circostanza precedente più simile, ovvero calcolando un nuovo minimo più in basso di circa il 20%, portando il possibile target intorno ai 1800, a metà strada tra i 2000 e 1700 appena citati.

Prima conclusione: 1800-1850 sarebbe proprio una possibile area, andando a ritestare gli importanti minimi di supporto del 2016 e 2014.

Passando da un’analisi settimanale su oltre 30 anni a una mensile su quasi un secolo, abbiamo 30 casi in cui la perdita mensile è stata superiore al 10% (mia scelta arbitraria), ovvero il caso di marzo (-13%).

Circa la metà di questi casi si è verificata nel turbolento periodo tra il ’29 e il ’33, quindi seguiti da cali successivi. Dei rimanenti circa il 20% ha visto poi ulteriori cali mentre il restante 30%, circa 9 casi, ha registrato un recupero. Tuttavia di questi ultimi, solo 3 casi, il 10% quindi del totale, non aveva alle spalle significativi ribassi (la cui estensione era mediamente di 1-2 anni e comunque molto più lunga rispetto all’attuale contesto), con rarissime eccezioni. La più eclatante è proprio la più recente del dicembre 2018, il cui calo precedente è stato di poche settimane e il rally successivo importante e non di breve periodo.  Statisticamente quindi è più probabile che ci siano nuovi cali, anche se l’eccezione più positiva è la più recente: questo credo sia molto legato all’effetto liquidità delle banche centrali e degli algoritmi di acquisto che è più tipico dei nostri tempi rispetto alle situazioni del passato.

Aggiungiamo ora altre osservazioni.

Dal 2000 ci sono stati pochi casi, successivi a 3 settimane consecutive di calo dell’S&P (situazione del mese di marzo) , dopo i quali non si sia verificato un rally di lungo periodo. Non è successo diverse volte nel 2000-2001 come nel 2007-2008, mentre praticamente sempre negli ultimi 11 anni.  Nel frattempo, un rally è già partito proprio a fine marzo (anche con una figura tecnica di bullish engulfing settimanale). Ovviamente la domanda è sempre quella: siamo più in uno scenario 2001 e 2008 o abbiamo già visto il minimo di mercato della più veloce recessione tecnica della storia?

Analizzando quindi il rally partito a fine marzo e guardando la statistica da lato delle settimane positive notiamo che abbiamo 9 situazioni (precedenti alle due registrate già quest’anno) in cui la performance è stata superiore al 6%. Tuttavia, 5 di questi casi hanno registrato un nuovo minimo (tra il -25% e il -30%) nel giro di pochi mesi (da 2 a 12): 3 sono rimbalzi del mercato durante la discesa nella seconda metà del 2008 e 2 nella discesa tra il 2000-2002. Gli altri casi, per lo più, sono avvenuti appena dopo la fine delle crisi citate, portando a lunghi periodi di recupero borsistico. Un dato è certo: questi movimenti avvengono solo in circostanze legate a grandi crisi.

Guardando il bicchiere mezzo pieno, questo rally ci dimostra comunque che siamo rientrati al di sopra della trend line di lungo periodo che parte dal 2009 e che passa intorno ai 2550. I prezzi sono tornati anche sopra un importante indicatore come la media mobile a 200 giorni (in area 2650). Da questo punto di vista l’allarme sembrerebbe rientrato.

Conclusioni

Il rally partito da fine marzo, dato il forte ipervenduto, ci stava tutto. Semmai sorprende l’estensione e la durata. Tuttavia, considerando la volatilità estrema di queste settimane e gli interventi senza precedenti delle banche centrali e dei vari governi, non è poi così anormale. Difficile pensare che possa continuare senza rifiatare un minimo. La domanda cruciale è capire se si possano rivedere nuovi minimi.

Le stime degli ultimi giorni sull’economia mondiale annunciate dal Fondo Monetario Internazionale e dalle tante case d’investimento, i dati sulla disoccupazione negli Stati Uniti, l’analisi statistica delle situazioni passate che abbiamo visto, il punto di partenza delle alte valutazioni e del leverage nel sistema finanziario globale, sembrerebbero propendere più verso una situazione di ribasso, quindi di nuovi minimi o almeno di una rivisitazione di quelli già visti.

Potenziali triggers, a mio parere, possono essere gli annunci, appena iniziati di fallimenti di alcune società (vedi Virgin Australia) e segnali di stress del mercato (ieri abbiamo visto la distorsione del prezzo del petrolio per la prima volta nella storia in negativo: è solo un fatto tecnico sulla scadenza del future ma riflette comunque la mancanza di domanda e lo stress dal lato dell’offerta). Dal lato sanitario, l’incertezza legata a una seconda ondata della pandemia così come a incidenti di stop and go nella fase 2 potrebbe portare verso uno scenario di ripresa a W non solo dell’economia ma anche del mercato finanziario. Direi che il valore spartiacque da monitorare con attenzione su S&P500 è intorno ai 2550. Watch out!

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