SIAMO VICINI AL PICCO DEL MERCATO AZIONARIO? ANALISI DEI CICLI SU S&P500

Cercare di capire quanto il mercato azionario possa ancora correre dopo i continui record storici dell’S&P500 è assai difficile, tuttavia un’analisi storica del suo andamento può indicarci la singolarità di tale rally o potremmo meglio dire la sua anomalia, intesa cosa situazione che va fuori dal normale, cioè da qualcosa che statisticamente accade nella maggior parte dei casi.

Per iniziare definiamo recessione tecnica una variazione dell’indice S&P500 tra massimo e minimo (calcolata sulle chiusure di giornata ed escludendo quindi i massimi e i minimi intraday) superiore al 20%. Di conseguenza, da un punto di vista tecnico (quindi non usando la definizione di recessione economica ovvero due trimestri di variazione negativa del PIL), tra un ciclo di mercato rialzista e il successivo si misureranno le recessioni in base a questa caratteristica: dal 1946 (escludendo il periodo prebellico in cui i cicli erano più brevi) si nota come la durata media di un ciclo di borsa è stata di circa 2.000 giorni ovvero circa 5 anni e mezzo e si è ulteriormente allungata dagli anni ‘70, circa 7 anni e mezzo considerando gli ultimi 5 cicli.

Se guardiamo invece alla durata media di tali recessioni, quindi i periodi di discesa del mercato, notiamo come queste in media durino circa 400 giorni, cioè poco più di un anno, anche se gli ultimi cicli sono stati più lunghi, mediamente di circa un anno e mezzo.

Passando ora all’analisi dei rendimenti nei vari periodi, mediamente in un ciclo di borsa abbiamo un guadagno del 120% prendendo in considerazione tutti i dati dal 1936 o di circa il 180% partendo solo dal 1946. Solo in due casi (sui 23 presenti dal 1936) si sono avuti dei rendimenti superiori al 300% dai minimi: nel ciclo che va dal 1987 al 2000, durato quasi 12 anni e mezzo e con un rendimento totale di quasi il 600% e in quello attuale, partito nel marzo del 2009 e il cui rendimento è prossimo al 400%. Infatti, il ciclo attuale non è stato interrotto neppure dalla forte correzione partita nel settembre 2018 e conclusasi nel dicembre 2018, che seppure molto vicina a una recessione tecnica, è ancora classificabile come correzione (cioè una variazione tra massimo e il minimo maggiore del 10%) essendo di circa -19,7%.

Per quel che riguarda le fasi di bear market, mediamente i rendimenti sono stati nell’ordine del -35%, con l’eccezionalità del periodo 1930-32 con una discesa superiore all’80%.

Alla luce di quanto detto una prima considerazione è che ciclo tra 1987-2000 è il più lungo della serie analizzata, lunga quasi un secolo; una seconda è che il periodo di discesa dell’indice dopo questo prolungato bull market è stato non solo tra i peggiori in assoluto, facendo registrare un -50%, storicamente superato solo da crollo nei periodi 1929-30 e 2007-2009, ma anche il più lungo con una durata di circa 2 anni e mezzo.

Le conclusioni a questo punto sono le seguenti: 1) i cicli del mercato azionario americano si sono sempre più allungati nel corso dei decenni 2) dopo un rally assai anomalo per estensione temporale e performance è probabile che possa seguire un periodo che sia in termini di durata che di rendimenti si discosti in negativo rispetto alla media 2) l’attuale ciclo è largamente fuori norma e quindi da considerare tra le eccezioni.

In aggiunta il bull market che stiamo vivendo ha già eguagliato un precedente record statistico e potrebbe stabilirne uno nuovo: infatti, nei circa 90 anni presi in esame, ci sono state al massimo 6 correzioni consecutive prima di avere una recessione. Includendo quella citata di fine 2018 il conteggio è ormai a 6 quindi la prossima correzione del 10% dai massimi, se non fosse violata la sequenza statistica, sarebbe solo la prima fase di una recessione. In caso contrario avremmo la prima serie di 7 correzioni consecutive senza sfociare in alcuna recessione, stabilendo un nuovo record.

Sulla scorta di queste considerazioni, volendo azzardare delle previsioni, se assumiamo di avere visto i massimi di ciclo o comunque di esserci vicini, una recessione tecnica dovrebbe riportare l’indice S&P come minimo intorno ai 2600 punti, mediamente intorno ai 2100 e probabilmente scendere verso i 1600 (-50%) assumendo un parallelismo con quanto accaduto dopo il bull market del 1987-2000, il più simile a quello attuale che dura ormai da quasi 11 anni con una performance superiore al 300% dai minimi. Inutile dire che per misurare il grado di accuratezza di tale previsione statistica sarà fondamentale capire e analizzare le ragioni socio-economiche che porteranno prima o poi al verificarsi di questa recessione tecnica.

In un prossimo articolo mi soffermerò sull’analisi di altre anomalie dell’attuale ciclo. Stay tuned.

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