REDDITO DI CITTADINANZA E FLAT TAX: SALE LO SPREAD FINANZIARIO O SI RIDUCE QUELLO SOCIALE?

Il reddito di cittadinanza è partito e sicuramente sarà utile, poco o molto, per coloro che ne beneficeranno. Del resto qualche euro in più in tasca non può che essere qualcosa di positivo per definizione. Da un punto di vista macroeconomico, dopo tutti questi dibattiti, mi ha incuriosito sapere quanto effettivamente possa impattare sulla crescita del PIL italiano. Alcune società di analisi, vedi Prometeia, avevano già proposto alcune stime (intorno allo 0,2% del PIL) prima dell’uscita del DEF che, appunto, chiarisce direttamente da fonte governativa quanto l’esecutivo si attenda da questa misura. Riportiamo esattamente quanto scritto nel DEF pubblicato poche settimane fa: “Il tasso di variazione percentuale del PIL si accrescerebbe rispetto allo scenario di base di 0,2 punti percentuali sia nel 2019 sia nel 2020 e di 0,1 punti percentuali nel 2021. Dopo quattro anni, nel 2022, il livello del prodotto risulterebbe superiore, rispetto a quello dello scenario di base, di 0,5 punti percentuali. Tenendo conto che il costo complessivo di finanza pubblica dell’intervento è pari ex-ante a circa 0,4 punti percentuali di PIL in ciascun anno, i risultati riportati nella Tavola riflettono un moltiplicatore implicito sul prodotto pari a 0,6 nel primo anno, a 1 nel secondo e a 1,1 nel terzo”.  La cosa che mi colpisce è la frase sul moltiplicatore che a mio parere è incorretta: se dico che ogni anno spendo circa lo 0,4% del PIL (circa 7mld) per produrre lo 0,2% del PIL nel primo anno (diciamo 3,5mld di extra PIL), ancora lo 0,2% nel secondo anno (altri 3,5 mld) e lo 0,1% nel terzo (arrotondiamo a 2mld), in tre anni ottengo 9mld di maggiore PIL ma ho speso 7×3=21mld, quindi un moltiplicatore di 0,4 e non di 1,1 (che invece divide i circa 9mdl di extra PIL per un singolo anno di spesa).

In sintesi: al di là del maquillage della frase, la manovra costa di più di quello che produce per ammissione dello stesso governo. E’ un po’ come se un consulente proponesse un investimento in cui si ottiene alla fine meno del capitale iniziale!!  Appurato che quindi non produce maggiore ricchezza si potrebbe dire che produce maggiore uguaglianza sociale, aiuta i più deboli, riduce lo “spread sociale” potremmo dire. Questo lo trovo corretto ma davvero aiuta i più deboli grazie al sostegno dei più ricchi? Il problema è che fondi sono stati trovati alzando il deficit, cioè facendo ulteriore debito, cioè prendendo a prestito dalle future generazioni che dovranno ripagarlo o continuare a finanziarlo, quindi prendendo da coloro che non sono ancora nati per dare a quelli che hanno poco oggi. Una guerra tra i più deboli e non un trasferimento di ricchezza dai più abbienti ai meno abbienti come invece sarebbe auspicabile. A mio parere quindi si tratta di una misura di equità e giustizia sociale, non tanto di crescita economica, per di più mal finanziata. In quest’ ottica quindi qualora si aggiungesse un’ulteriore manovra quale la flat tax, che fa pagare di meno a chi ha di più, magari finanziandola con altro debito, avremmo non un trasferimento da coloro che non possono protestare delle future generazioni ai bisognosi di oggi ma dai primi ai più ricchi di oggi, in pratica di male in peggio. A quel punto meno iniquo sarebbe alzare l’IVA sui consumi, almeno si tasserebbe chi consuma di più e quindi più ricco, poi però vorrei vedere le stime, magari fatte dal governo, di riduzione del PIL.

Per rispondere alla domanda iniziale: una flat tax aumenterebbe lo spread di disuguaglianza sociale in quanto iniqua e potrebbe facilmente far alzare anche lo spread finanziario se finanziata fortemente in deficit e con una congiuntura macroeconomica internazionale complicata; il reddito di cittadinanza, così come costruito adesso, riduce lo spread sociale tra poveri e ricchi di oggi ma lo alza tra generazioni e sicuramente non porta ad alcuna riduzione di quello finanziario che nel marzo 2018, poco prima delle elezioni si attestava a 130 punti mentre adesso quota stabilmente intorno ai 250, dopo aver toccato quasi 330 nell’ottobre del 2018 quando ci fu lo scontro tra governo e commissione europea sul deficit italiano da inserire nella finanziaria. E’ probabile quindi, che in assenza di risultati evidenti e inaspettati (in positivo) della crescita economica italiana e in concomitanza di un rallentamento dell’economia internazionale, lo spread finanziario sia destinato a risalire, un’occasione per gli investitori ben consigliati, un ulteriore costo per il governo italiano e i suoi cittadini.

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