Mediamente costa l’1.5% all’anno e rende il 3-4% in più rispetto ad investimenti fatti in autonomia. Sono partito dalla risposta alla domanda che spesso un investitore si fa: quanto costa il mio consulente finanziario e quanto effettivamente ottengo in cambio in termini di benefici tangibili e intangibili? Vediamo come si arriva a queste percentuali analizzando prima il lato dei costi e successivamente quello dei benefici.
Partiamo dalla situazione classica di un portafoglio di fondi. Andando a leggere il report 2019 “Performance and costs of retail investment products in EU” dell’ESMA (European Securities and Markets Authority) e il paper Consob 2018 “Il costo dei fondi comuni in Italia” esce fuori che in Italia mediamente il costo di gestione (media ponderata delle varie tipologie di fondi) dei fondi è di circa l’1,4% del NAV e ovviamente è più alto per i fondi azionari (2-2,3%) rispetto ai fondi obbligazionari (1,1%) o monetari (0,5%). In particolare i fondi di diritto italiano maggiormente presenti nei portafogli sono gli obbligazionari (39% del totale) e flessibili (41% del totale con un costo medio dell’ 1,5-1,6%) mentre gli azionari pesano solo per l’8% del totale. Consob ci dice anche che in base all’indicatore sintetico presente sui KIID (che non include le commissioni di performance e le commissioni di ingresso e di uscita), “nel periodo 2014-2016 il costo delle classi retail dei fondi italiani risulta in linea con la media europea” e dice anche che “i costi di ingresso sono cresciuti notevolmente, passando dallo 0,7 all’1,5%, mentre i costi di uscita si sono progressivamente ridotti fino a divenire del tutto residuali (0,05%)”. Questi dati ci servono per dire due cose: 1) anche se vengono spesso utilizzate società di gestione non italiane i costi non cambiano più di tanto 2) i costi di ingresso sono a discrezione del consulente (quindi anche nulli) e comunque, se ripartiti su un orizzonte medio consigliato per i fondi di almeno 3-5 anni, non aumentano in maniera significativa il costo totale dell’investimento, che quindi ipotizziamo mediamente all’ 1,5% (aggiungendo uno 0,1% annuo all’1,4% citato prima per tenere conto anche di questo fattore). Cosa diciamo dei costi di performance? Alcune reti in Italia fanno ampio uso di commissioni di performance (basta andarsi a vedere le statistiche dell’incidenza delle performance fee sul totale degli utili delle varie società) ma c’è anche chi non le usa come Fineco, per una scelta di trasparenza e correttezza. È quindi un costo che può essere evitato o selezionando le società che non le applicano o almeno selezionando quei fondi di società terze che non ne hanno.
Se ora consideriamo che un portafoglio medio di un cliente seguito da un consulente ha il 65%-70% di masse in gestito, un 20% di liquidità e un 10-15% di amministrato (quindi non remunerato) il costo totale sul totale delle masse del cliente è di circa l’1%. Faccio notare sul tema della liquidità detenuta in portafoglio che, in base al recente rapporto ISTAT sulla ricchezza degli Italiani, questi detenevano 1.360mld di biglietti e depositi su un totale di attività finanziarie di 4.374mld nel 2017, cioè oltre il 30% di liquidità non investita, quindi a rendimento nullo nominalmente ma in realtà negativo, considerando il tasso d’inflazione di circa 1% su base annua. Per completare il tema costi, è importante sottolineare che sempre più spesso i migliori consulenti offrono, in abbinamento o in alternativa alle sole soluzioni classiche dei fondi di investimento, anche soluzioni di consulenza pura, cioè scatole al cui interno è possibile inserire oltre a fondi di investimento, anche altri prodotti finanziari, il che permette di negoziare e quindi di ridurre il costo totale della consulenza per il cliente ad libitum.
Passiamo ora ad analizzare i benefici. Un consulente non solo aggiunge valore nella fase di costruzione di portafoglio selezionando la corretta asset allocation in base alle esigenze del cliente, aumentando il grado di diversificazione e riduzione del rischio sistemico degli investimenti ma, attraverso un coaching comportamentale, aiuta soprattutto il cliente a rimanere aderente nel tempo al suo piano finanziario e non farsi guidare in maniera errata e finanziariamente dannosa dalla sua emotività. Si può esprimere tutto ciò attraverso un numero? Alcune ricerche hanno provato a farlo. Il portafoglio gestito da un consulente finanziario rende dal 3 al 4% in più del portafoglio investito in autonomia in base alle analisi di Morningstar, Russell Investments e Vanguard. In quali circostanze emerge questo valore? Un classico errore dell’investitore è precipitarsi euforico a comprare quando il mercato sale e vendere timoroso quando il mercato scende: correggere questo comportamento scorretto aggiunge secondo Russell lo 0,9% in più di performance annua. Un’altra situazione è in ambito fiscale: un bravo consulente, aggiornato sulle evoluzioni normative fiscali, è in grado di generare un extra rendimento tra lo 0,6% (Morningstar) e lo 0,7% (Vanguard). Ancora secondo Morningstar l’assistenza nella scelta fondamentale se investire o meno può generare un valore che varia tra lo 0,1% e l’1%. Se ci si chiede quale sia l’obiettivo che il risparmiatore si propone e quale deve essere il rischio necessario, in questo caso la consulenza potrebbe garantire in media uno 0,4% in più. Prendiamo ora in considerazione anche analisi qualitative: una ricerca di Deloitte condotta sulle famiglie in UK dimostra come chi è stato seguito da un consulente ha aumentato i suoi accantonamenti pensionistici e gli investimenti a lungo termine mentre ha ridotto il livello di indebitamento (su carte di credito, mutui ecc.) e il livello di liquidità non remunerata, a chiara dimostrazione di come si possa generare valore sia finanziario e sia in termini di maggiore benessere e tranquillità psicologica per l’età della pensione e per i propri figli.
IN SINTESI: Il rendimento conseguito grazie ad un consulente finanziario, sia in termini finanziari sia in termini di benessere psicologico per sé e la propria famiglia, è indubbiamente superiore rispetto al suo costo. In particolare poi quest’ultimo non è fisso ed è modulabile in base alle esigenze del cliente. E’ importante per l’investitore avere in mente un parametro di riferimento per quello che può essere il costo medio della consulenza e chiedersi se il suo consulente sia sopra o sotto questo valore e per quali motivi, se offra delle alternative con costi di gestione diversi, se sia in grado di dare e far percepire al cliente sia qualitativamente sia quantitativamente i benefici che dovrebbe saper offrire nel suo ruolo di consulente.