Siamo in estate. Ecco allora un articolo leggero ma con qualche consiglio di investimento. Con iltitolo originale The Big short, La grande scommessa è un film del 2015, oscar per la migliore sceneggiatura non originale, che mi è ricapitato di rivedere qualche giorno fa in televisione. Narra la storia vera di un variegato gruppo di investitori negli Stati Uniti che riuscirono a cogliere i segnali del crollo nel 2007-2008 del mercato immobiliare, drogato dai mutui subprime, riuscendo così a guadagnare ingenti somme per i propri clienti e personalmente. Tra i protagonisti anche Brad Pitt nei panni di un ex trader (nella vita reale Ben Hockett) ormai ritiratosi a vita privata, che si unisce ai suoi vicini di casa, Charlie Ledley e Jamie Mai nella realtà, gestori di un piccolo fondo, Corwall Capital, ma molto bravi nell’individuare operazioni con grandi opportunità di guadagno. Si narra che Ben Hockett abbia concluso le operazioni di vendita da 80 milioni di dollari di profitto finale da un pub inglese, il cui vero nome è Powder Monkey, a Exmouth, nel Devon, in quanto la connessione internet lì era alquanto affidabile. I clienti del pub non davano molto peso a quel cliente che se ne stava seduto in un angolo da circa le 2 del pomeriggio fino alla chiusura del locale, non bevendo molto.
Uno dei protagonisti principali è del film è Michael Burry, l’unico ad aver mantenuto il suo vero nome anche nella rappresentazione cinematografica, un medico poi diventato gestore di un fondo, Scion Capital, che riuscì a realizzare circa un 500% di performance, con oltre 2,5 miliardi di dollari di guadagni. Personaggio fuori dagli schemi ma con grandi capacità analitiche, aveva individuato segmenti specifici del mercato dei mutui subprime particolarmente a rischio e, attraverso i broker di alcune principali banche di affari, si era fatto costruire specifici prodotti finanziari legati a questi segmenti più deboli, dei CDO (Collateralized Debt Obligations), vendendoli poi allo scoperto e lucrando dal loro crollo di valore durante la crisi. Mi ha colpito molto la scena in cui, alcuni suoi importanti investitori, lo confrontano criticando la sua strategia di andare contro il mercato immobiliare, considerato da Burry in piena bolla speculativa, che stava generando solo perdite per il fondo Scion. In particolare gli rinfacciano che: “Nessuno può vedere una bolla finanziaria. Questo è ciò che la rende una bolla”. Ma lui risponde: “Non è vero. Ci sono sempre dei segnali”. Effettivamente, per definizione, se la maggior parte degli investitori si accorgesse di essere dentro una bolla speculativa, ne verrebbe fuori e questa si sgonfierebbe per cui, se esiste, “quasi” nessuno la vede.
Un altro dei protagonisti del film è il gestore Mark Baum, nella realtà Steven Eisman, gestore del fondo Neuberger Berman, che con il suo team guadagna circa 1 miliardo di dollari scommettendo contro CDO e MBS (Mortgage backed securities), prodotti appunto legati ai mutui immobiliari con pagatori dal basso merito di credito. Nel film è spesso dipinto con una forte rabbia nei confronti del sistema ed effettivamente, in un’intervista, ha dichiarato che il suo stato d’animo in quel periodo fosse davvero quello, in quanto si era reso conto che i mutui subprime erano prodotti pericolosi e strutturati per mettere in difficoltà le persone, esponendole a rischi finanziari e al pericolo di ritrovarsi per strada dopo aver perso casa. Inoltre lo rendeva furioso che proprio le banche per cui lavorava a Wall Street fossero coinvolte nella vendita di questi prodotti: il sistema degli incentivi, infatti, era legato solo ai volumi di vendita di tali prodotti e non alla loro qualità.
Lasciando il piacere di godere del film a chi avrà voglia di vederlo (o rivederlo), cerchiamo di spiegare ora cosa rende, a mio parere, questa storia così affascinante.
Innanzitutto, non per ordine di importanza, il mito di Davide e Golia. Affascina il racconto del piccolo gestore del fondo che si scontra non solo contro i colossi di Wall Street ma addirittura contro l’intero sistema finanziario per come si è evoluto, una lotta all’apparenza impari che termina con la vittoria schiacciante del piccolo combattente con la fionda e la caduta fragorosa del gigante.
Ci sono poi meritocrazia, tenacia, duro lavoro che portano al successo e alla ricchezza, il sogno americano in cui tutti possono farcela, spesso proposto da Hollywood. Tutti i protagonisti arrivano alle loro conclusioni attraverso profonde analisi e notti insonni, sacrifici che i più scansano cercando più semplici scorciatoie. Il loro è un mix di profonda capacità di analisi, osservazione, di pensiero fuori dagli schemi, di coraggio nel pensare l’impensabile e sfidare il pensiero dominante (Galileo Galilei vi dice qualcosa?), di tenacia nel sostenere le proprie idee, di sopportazione, sacrificio, scontro e dolora attesa prima che le cose volgano a loro favore. L’eroe della favola che combatte il drago e sembra soccombere ma alla fine, grazie alla sua astuzia e tenacia, ne esce vincitore.
C’è poi un terzo elemento di sfogo, di rivalsa, di sete di giustizia. Ogni spettatore si unisce nella condanna e nello sdegno nei confronti di un mondo sbagliato di fare economia dove il profitto viene prima dell’uomo, dove il forte sfrutta il debole a suo vantaggio, indifferente rispetto al suo destino finale. Tutti, come il gestore Eisman, vorremmo puntare il dito contro quel sistema e poterlo criticare, giudicare, condannare e cambiare.
Per finire, soffermiamoci su alcuni risvolti pratici in tema di investimento che questi protagonisti reali del mondo finanziario possono suggerirci.
Michael Burry continua a gestire il suo fondo Scion Capital e proprio nel 2019 ha rilasciato alcune dichiarazioni in cui afferma di aver individuato il prossimo “big short”: a suo parere gli ETF, cioè i fondi a gestione passiva che replicano passivamente la performance dei principali indici azionari ed obbligazionari, starebbero distorcendo i prezzi delle azioni e delle obbligazioni in una maniera simile a ciò che accadde con i CDO durante la crisi del 2009, con flussi enormi che ricordano l’ondata di denaro che investì il mercato dei derivati tossici tra il 2007 e 2008. Il basso costo rispetto a fondi a gestione attiva alimenta tali flussi mentre la scarsa analisi dei titoli sottostanti ricorda la poca o nulla selezione dei mutui subprime all’interno dei CDO. In questo contesto, di contro, la ricerca di validi titoli a bassa capitalizzazione, poco o per nulla rappresentati negli ETF, può rappresentare un’ottima opportunità di investimento a suo parere.
Riguardo ad Eisman, circa un anno fa presente al Salone del Risparmio a Milano, ha dichiarato di non vedere nessuna particolare opportunità di big short nell’immediato e semplicemente di essere negativo su alcune banche inglesi (in particolare RBS, Lloyds e Barclays) in previsione di un no deal riguardo alla Brexit. Tuttavia agli inizi Febbraio del 2020, dopo il forte rally delle banche dall’agosto del 2019, il gestore ha ammesso di avere chiuso le posizioni short su queste banche ma rimanendo negativo su HSBC e Standard Chartered che sono molto legate a Hong Kong, paese per il quale si aspettava una recessione anche a seguito delle crescenti rivolte sociali.
Conclusioni
Ai rischi e i pregi degli ETF ho dedicato di recente ben due articoli, quindi condivido la necessità che debbano essere maneggiati con cura, in particolare quelli obbligazionari, sia per un maggiore rischio di liquidità su alcuni segmenti obbligazionari in momenti di stress sul mercato, sia per una potenziale bolla sul mercato obbligazionario in generale (in ogni caso, bolla o meno, con le attuali politiche monetarie comportano rapporti di rischio/rendimento da valutare con attenzione).
Nessuno ha la sfera di cristallo e non tutte le ciambelle riescono con il buco neppure ai più grandi chef. Tuttavia prestare una particolare attenzione a quei gestori che hanno dimostrato di vedere con largo anticipo situazioni che nessuno aveva immaginato possibili è sempre saggio e fonte di buone riflessioni per gli investimenti. Buona visione!