Con il termine stagflazione si intende una “fase del ciclo economico, detta anche inflazione recessiva, caratterizzata da ristagno e insieme da inflazione, ossia dal rallentamento del ritmo di espansione dell’attività produttiva accompagnato da inflazione o anche da accelerazione del tasso di inflazione.” I dati macroeconomici delle ultime settimane, che da un lato vedono un aumento dei tassi di inflazione e dall’altro una riduzione delle stime dei tassi di crescita delle varie economie nel mondo, indicano che si sta andando in quella direzione. Il conflitto in Ucraina, oltre ad aggravare il fenomeno inflattivo attraverso riduzioni, effettive o minacciate, dell’offerta di materie prime e fonti energetiche, ha creato ulteriori rischi al ribasso dei volumi del commercio mondiale abbassando le stime di crescita dell’economia. La riduzione della globalizzazione, i fenomeni del reshoring, la distruzione della global value chain sono fenomeni non transitori che, in aggiunta allo shock sulle fonti energetiche e l’impatto delle sanzioni nel conflitto tra Russia e occidente democratico, spingono verso un’ inflazione strutturalmente maggiore nei prossimi anni e minore crescita delle economie dall’altro.
Per capire cosa potrebbe succedere a livello dei mercati finanziari in un tale scenario, analizziamo quanto accaduto nel passato in situazioni simili, focalizzandoci sul rischio geopolitico, di inflazione e di tasso di interesse. Come premessa vale la pena considerare che le stime di crescita del PIL in base al consensus, ovvero l’opinione della maggiore parte degli operatori economici, sono comunque positive con circa il 3,5% nel 2022 per gli Stati Uniti, del 3,3% dell’area Euro e del 5,1% per la Cina, con circa il 3,2% a livello mondiale.
- Rischio geopolitico
Come evidenziato in tabella i mercati azionari, dopo anche un iniziale forte shock, tendono a recuperare ampiamente nei mesi successivi. E’ necessario notare, tuttavia, come questa crisi geopolitica sia molto più importante di quelle verificatesi negli ultimi 30 anni e come tale potrebbe portare a correzioni dei mercati anche maggiori, anche se tuttavia non vi è alcun segnale grafico, al momento, in questo senso. E’ indubbio che l’eventuale decisione di scollegarsi volontariamente dalle forniture di gas russo potrebbe portare a ulteriori revisioni al ribasso delle stime di crescita in Europa.

- Rischio inflazione
Dall’ analisi dell’S&P500 su un periodo temporale di circa 70 anni si nota come, anche in situazioni di inflazione elevata (entro il 7%), i rendimenti del mercato azionario americano rimangono ampiamente positivi. Ciò che davvero conta è la crescita. Infatti, secondo un’ analisi di Goldman Sachs, quando il tasso d’ inflazione supera il 3% ma si rimane in un periodo di crescita, la performance del mercato azionario è mediamente del 12% annuo (7% per le materie prime) e solo in una fase di contrazione economica i rendimenti diventano negativi: -6% (-4% delle materie prime).

Qual è quindi il pericolo di una recessione? Sempre secondo le analisi di GS la probabilità di una recessione è aumentata e attualmente stimata intorno al 20-30%. Relativamente all’inversione della curva dei rendimenti verificatasi di recente, ovvero con i tassi a breve (2 anni) maggiori di quelli a lungo termine (10 anni), che molto spesso anticipa le recessioni, gli analisti fanno notare come i tassi a lungo termine siano eccessivamente e artificialmente schiacciati a seguito delle forti politiche monetarie espansive post pandemia e che quindi, in condizioni normali, non ci sarebbe stato un fenomeno di inversione della curva. Ne consegue che l’attuale inversione sarebbe da considerare come un segnale previsionale debole relativamente ad una possibile recessione in arrivo.
- Rischio di tasso di interesse
Riguardo al rischio che un rialzo dei tassi di interesse, soprattutto da parte della Fed, possa portare ad una marcata correzione dei mercati, si può osservare come, durante gli ultimi 9 cicli di rialzi negli Stati Uniti, i mercati azionari abbiano comunque registrato una performance positiva (con le commodity tra i migliori asset) e che quindi appaiono eccessive le preoccupazioni in tale senso.

In questo contesto quali soluzioni di investimento adottare?
Due, a mio parere, le direttrici principali:
1) privilegiare settori specifici che gli eventi degli ultimi mesi confermano come promettenti per il futuro, ad esempio quello delle rinnovabili e della difesa/spesa militare (Erg +12% di performance e Leonardo +16% da inizio marzo per riprendere 2 esempi citati nel mio ultimo articolo);
2) focalizzarsi su settori che storicamente hanno ben performato in condizioni di stagflazione. In particolare il settore delle utilities, dei beni di consumo di prima necessità, l’immobiliare e quello dell’energia, ovvero settori relativi a prodotti e servizi essenziali per la vita quotidiana delle persone e poco correlati ad un rallentamento della crescita economica o che beneficiano (come il settore energetico) degli aumenti dei costi delle fonti energetiche.

Infine, osservando il grafico mensile dell’S&P500 si nota, come già anticipato un mese fa, la tenuta importante delle quotazioni che hanno recuperato i livelli di fine gennaio, con il movimento di marzo che ha praticamente annullato il movimento di ribasso di febbraio, come se nulla fosse accaduto negli ultimi 2 mesi. Al momento, quindi, il mercato azionario continua a mostrare un certo ottimismo anche se i rischi al ribasso delle previsioni di crescita legati alle tensioni geopolitiche e ai mercati delle materie prime sono in aumento.
