CHECK UP DI PORTAFOGLIO: COSA È SUCCESSO E COSA PUÒ SUCCEDERE

Ripartiamo dalle ultime 2 considerazioni fatte in marzo e aprile.  In un podcast del 30 marzo, oltre ad alcune considerazioni sulla prevedibilità di questa crisi, consigliavo di investire nel settore petrolifero e nei cosiddetti megatrend o investimenti tematici, dalla robotica al fintech, dall’intelligenza artificiale alla protezione ambientale.

Ad oggi il prezzo del WTI ha raggiunto i 40 dollari dai circa 27 di fine marzo (oltre il 40% di rialzo) a dimostrazione che, al di là o meno del crollo della domanda, il settore è politicamente supportato dai tagli all’offerta che non permettono di tenere troppo basso il prezzo del greggio per troppo tempo causando eccessivi deficit nei bilanci nazionali di Arabia Saudita, Russia e via dicendo. In parallelo, c’è stato un forte apprezzamento dei titoli e dei fondi legati al settore petrolifero, in particolare in questi ultimi giorni, un trend che dovrebbe continuare.

Riguardo agli investimenti tematici, se si guarda alle statistiche delle precedenti crisi, si nota come i flussi verso questa tipologia di fondi mostrano un andamento in controtendenza rispetto all’uscita dai mercati azionari tipica dei momenti di correzione del mercato. Questo si è verificato anche nel primo trimestre dell’anno, durante il quale molte strategie tematiche hanno sovraperformato rispetto all’indice MSCI World e hanno continuato a farlo anche nelle settimane successive. In particolare, ho recentemente scoperto una nuova area tematica, quella del pet e animal wellbeing (c’è un fondo di Allianz interessante a riguardo) che ha fortemente sovraperformato l’MSCI World e che dimostra tassi di crescita importanti: non sorprende che, anche durante le fasi di difficoltà, le spese per la cura dei propri animali domestici tendono a rimanere abbastanza stabili. Il mercato della pet economy era valutato a USD 132 miliardi nel 2016 ed è stimato a oltre USD 200 mld nel 2025.

Nell’analisi di aprile sull’indice S&P500, indicavo come, dopo il forte recupero dai minimi di marzo, esistessero ancora dei rischi al ribasso e che l’importante soglia da monitorare per ipotizzare una nuova discesa fosse la rottura di area 2550, cioè circa 200 punti sotto il livello di quel momento. Tale rottura non si è verificata ed infatti il mercato ha continuato nel suo progresso guadagnando altri 450 punti, e portandosi a meno di un 6% dai massimi storici del febbraio di quest’anno. Questo recupero, difficile da prevedere in così poco tempo, è legato in particolare a 4 fattori a mio parere:

  1. Azione delle banche centrali e dei governi: non hanno precedenti le quantità di denaro immesse nel sistema sia da parte della Fed con l’espansione del suo bilancio (spingendosi fino all’acquisto diretto di ETF obbligazionari) che da parte del governo americano e nemmeno gli interventi della BCE e dell’unione europea.
  • I miglioramenti sul fronte sanitario: la discesa delle curve epidemiche in molti paesi in Europa, la riapertura faticosa e graduale ma continua delle attività commerciali e prospettive sempre migliori per cure mediche e vaccino hanno riportato ottimismo tra gli investitori. Nota geopolitica: è interessante notare come i paesi con i leader più negazionisti del fenomeno (USA, Russia, Brasile e UK inizialmente) sono quelli che attualmente primeggiano nella classifica dei casi e dei decessi, nonché della percentuale dei contagi rispetto alla popolazione.
  • Peso delle grandi corporation: le società con il maggiore peso nell’indice S&P500 come Microsoft, Apple, Amazon, Facebook e Alphabet (insieme rappresentano il 20% dell’indice) hanno tutte bilanci solidi e un business che, durante il periodo di lockdown, non solo non ha avuto particolari scossoni ma è addirittura prosperato (Amazon tra tutte).
  • Alternativa alle obbligazioni: l’azzeramento dei rendimenti obbligazionari, anche sulle scadenze più lunghe, sposta l’attenzione anche degli usuali investitori in obbligazioni sempre più verso le azioni che diventano “relativamente” più attraenti anche se caratterizzate da una maggiore volatilità dei prezzi.

Cosa fare da adesso in poi?

Qualcuno dice che la vera crisi inizia adesso: superata l’emergenza sanitaria nei principali paesi sviluppati, il peso della recessione economica in Europa così come in USA comincerà a farsi sentire manifestandosi in fallimenti, disoccupazione, aumenti delle sofferenze bancarie ecc.  Nel frattempo l’S&P500 è tornato vicino alle valutazioni (eccessive) dei suoi massimi storici di febbraio: attualmente le valutazioni presentano un forward 12-month P/E di quasi 22, sopra la media storica a 5 anni di 17 e a 10 anni di 15; in aggiunta il forward EPS a 12 mesi di 140 è lo stesso di fine 2017 con un S&P500 che quotava 2750 e non 3200 come adesso. Graficamente potrebbe configurarsi una figura di doppio massimo con l’indice che, dopo avere ritestato i massimi di febbraio, tornerebbe a scendere in questo caso per motivi legati ai danni permanenti post covid sul sistema economico, tanto più se dovesse esserci una seconda ondata della pandemia. In aggiunta il debito nel sistema finanziario globale è sicuramente un problema e non rappresenta un’emergenza solo grazie al sostegno delle banche centrali (ma di questo parleremo in un’altra occasione).

Negli ultimi giorni è scattata la corsa ai ritardatari e una rotazione verso i settori più ciclici a scapito di quelli più difensivi. E’ probabile che il trend di recupero, sia dei petroliferi che dei settori maggiormente penalizzati (hotel, travel, airlines ecc.) possa continuare nel breve. Interessanti i movimenti che si vedono su Boeing o Norwegian Cruises  giusto per citare qualche esempio in USA, legati anche a ricoperture di vendite allo scoperto. L’indice italiano è anche quello rimasto più indietro rispetto ad altri e quindi un ulteriore recupero dei bancari e dei petroliferi nonché di alcuni industriali (si parla di possibili incentivi forti alla rottamazione di auto in Italia, quindi interessanti per FCA ad esempio) dovrebbe supportare il rialzo.  Da un punto di vista stagionale, tuttavia, mi preme ricordare che giugno è statisticamente uno dei peggiori mesi per l’azionario per cui la cautela è d’obbligo e quindi meglio attendere un ritracciamento se si vogliono assumere posizioni più importanti.

IN SINTESI: SI alla caccia ai ritardatari e ai settori inizialmente più colpiti, SI a cautela per probabile correzione nel mese, NO ad S&P500 considerando che a questi livelli comincia a non essere più così interessante senza una correzione.

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